Le antichissime tavole Spoletine
Durante una lezione di legislazione forestale del dr. Cesare CANTELMO, insigne studioso e ricercatore storico di leggi forestali, tenuta nella Scuola di Cittàducale, appresi dell'esistenza di importanti cimeli giacenti nella città di Spoleto, che riguardavano la più antica legge forestale romana. Recentemente ho appagato la mia curiosità e ripromettendomi di andare, non appena avrò l'opportunità, a Venezia, per vedere gli originali delle leggi ed ordinanze del Consiglio dei Dieci per la tutela delle foreste, mi sono recato nella città di Spoleto e precisamente nel Museo Civico, ove sono depositate due famose tavole spoletine che portano incisa la più antica legge forestale romana, fino a questo momento conosciuta, la quale può formare il primo capitolo della legge sulla restaurazione dei bacini montani.
La prima tavola della " lex" spoletina è una pietra rettangolare di calcareo siliceo rosso, la quale doveva essere posta all'ingresso principale di un bosco sacro a Giove, non molto lontano dalla stessa città di Spoleto, dalle mura pelagiche, e nemmeno troppo lontano da quel Monteluco che, dagli anacoreti asiatici fino a S. Francesco, è specchio di bellezza e ricettacolo di fede. Essa fu trovata da Giuseppe SORDINI nei muri della chiesa dì San Quirico alle porte di Spoleto nel 1876;la seconda, più corrosa dal tempo e più guastata dagli uomini, fu rinvenuta dallo stesso SORDINI nel 1913 e da lui tenuta gelosamente nascosta fino alla morte e fino a che è stata portata alla luce nel museo spoletino. La prima tavola porta inciso: "Honce loucum - nequs violatod - neque exvehito - neque exferto quod louci siet - neque cedito -nesel quo die res dei anua fiet - eod die quod rei dinai causa fiat sine dolo cedere licetod -sei quis cies violasid dolo malo - iovei bovid piacium datod A.CCC. moltai suntod ejus piacli moltai dicatori exsazio estod".
Questo latino, che risale al quarto od al più tardi al terzo secolo avanti Cristo, si può tradurre presso a poco così: "Nessuno violi questo bosco, porti via o strappi ciò che è del bosco, né tagli fuor che nel giorno in cui si fa il sacrificio annuale al Dio. In quel giorno, purché si faccia per causa del sacrificio, sia lecito tagliare senza colpa. Se qualcuno lo abbia violato, offra a Giove in espiazione un bove e vi siano, per questa espiazione, trecento assi di multa. La esazione della multa dell'espiazione spetti al consacratore ".
Le nostre vigenti disposizioni penali, facendo un debito raffronto, sono molto più modeste ed il valore di queste leggi romane dimostrano in quanta considerazione venivano tenute le selve.
L'altra tavola porta una nuova edizione della legge con qualche modificazione.
Il carattere comune è di tener distinti il fatto contravvenziale, avvenuto per negligenza o per imprudenza, da espiarsi con l'offerta di un bove, dal delitto vero e proprio del danno arrecato al bosco con deliberato animo da espiarsi invece con l'offerta di un bove e con una multa di trecento assi. Quanta semplicità, concisione e chiarezza si possono ammirare in queste tavole che risalgono ai primi secoli della civiltà romana!
Da. quanto consultato si può dedurre che, oltre a fattori derivati dalla profanazione dei boschi sacri agli dei, i romani miravano alla conservazione degli stessi per esigenze economiche ed, oserei dire, per il buon regime delle acque. Infatti, da recenti accertamenti, sembra quasi certo che la decadenza militare sia da attribuire alla disordinata utilizzazione dei boschi e dei pascoli.
E' notorio che, originariamente, il popolo romano abbia avuto la sua potenza militare ed economica dai prodotti ricavati dai legni delle selve, per la costruzione delle navi, e dalla. pastorizia, fonte principale da cui attingevano enormi ricchezze. Ma che popolo questi romani!
Nando NANNI
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